Riforma Cartabia: le principali novità sulla mediazione civile
Il 30 giugno 2023 entreranno in vigore le modifiche che la riforma Cartabia ha apportato alla mediazione civile. Le principali novità introdotte dal d.lgs. 149/2022 al d.lgs. 28/2010 riguardano il procedimento civile e coinvolgono molteplici aspetti, a partire dalla competenza territoriale fino alla procedura telematica.
Per comprendere appieno le novità è doveroso confrontare la mediazione pre-riforma e post-riforma:
Competenza territoriale dell’organismo (art. 4 d. lgs. 28/2010)
Ante riforma la domanda di mediazione doveva essere presentata presso un organismo avente sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia e, in caso molteplici domande concernenti la medesima controversia, la mediazione si sarebbe svolta davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale era stata presentata la prima domanda.
A seguito delle modifiche introdotte con l’art. 7 del d.lgs. 149/2022, la domanda di mediazione è presentata da una delle parti all’organismo di mediazione competente individuato sia dai criteri dettati dalla legge sia su accordo delle parti.
Condizione di procedibilità e rapporti con il processo (art. 5 d. lgs. 28/2010)
L’art. 5 al comma 1 ha aumentato i casi di ricorso obbligatorio alla procedura di mediazione mediazione, individuando le nuove controversie in relazione alle quali si richiede alle parti di esperire il tentativo di mediazione, a condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Dal 30 giugno 2023 esperire il procedimento di conciliazione sarà obbligatorio altresì per le controversie inerenti ai contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.
Al comma 2 trova più chiara collocazione quanto precedentemente previsto nel secondo e quarto periodo del comma 1-bis, in ordine ai rapporti tra la procedura di mediazione obbligatoria e il processo. Il comma ribadisce che il previo esperimento della mediazione nei casi di cui al comma 1 è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che quando tale condizione non è rispettata e viene proposta domanda giudiziale, la relativa eccezione deve essere sollevata, a pena di decadenza entro e non oltre la prima udienza, dalla parte convenuta, fermo restando che anche il giudice, d’ufficio, entro la prima udienza, potrà sollevare la detta eccezione.
E’ stato inoltre precisato che quando la mediazione non risulti esperita, o risulti esperita ma non conclusa, il giudice debba fissare una successiva udienza dopo la scadenza del termine massimo di durata della procedura di mediazione, fissato dall’articolo 6. Rispetto al testo previgente è stato poi precisato che il giudice, a tale successiva udienza, se constata che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara l’improcedibilità della domanda.
Il comma 4 prevede che, quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tale condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione. Il comma 5 sancisce il principio secondo cui la pendenza della condizione di procedibilità non preclude il ricorso al giudice per chiedere l’adozione di procedimenti cautelari e urgenti, né preclude la trascrizione della domanda giudiziale.
Il comma 6 indica i casi in cui non opera la condizione di procedibilità prevista dal comma 1. Rispetto al testo previgente, sono state apportate modifiche di coordinamento dovute all’inserimento della disciplina della mediazione demandata dal giudice nell’articolo 5-quater, ed è stata inserita la disposizione contenuta nella lettera H) finalizzata a chiarire che tra le azioni giudiziali che non sono precluse dalla pendenza della condizione di procedibilità ai sensi del comma 1 è compresa anche l’azione inibitoria prevista dall’articolo 37 del Codice del consumo, di cui al decreto legislativo 206/2005.
Procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 5 bis d. lgs. 28/2010)
Nei casi di mediazione obbligatoria, quando il procedimento è iniziato nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo, rispetto alle quali non vige la regola della improcedibilità che opera, invece, solo nell’eventuale fase di opposizione, come richiesto dal legislatore delegante con il criterio di cui alla lettera D) del comma 4, è stata individuata la parte che è tenuta a soddisfare la condizione di procedibilità, una volta sollevata la relativa eccezione.
Prima della attuale riforma, nulla il legislatore disponeva in merito a chi, tra opponente e opposto, avesse l’onere di attivare il procedimento di mediazione. Per tale ragione la giurisprudenza si è espressa sul punto con decisioni non univoche: gli interventi, dal contenuto discordante, non sono dei giudici del merito ma anche di legittimità (si veda Cassazione, terza sezione civile, sentenza 3 dicembre 2015, n. 24629; Cassazione, terza sezione civile, 12 luglio 2019, n.18741; Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza 18 settembre 2020, n. 19596).
La riforma Cartabia posto fine al contrasto giurisprudenziale, introducendo l’art. 5 bis, il quale prevede che quando una delle azioni previste dall’articolo 5, comma 1, è proposta con ricorso monitorio, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. La conseguenza processuale a carico della parte che non adempie a tale onere consiste, ove il giudice ne verifichi l’inerzia, nella declaratoria di improcedibilità della domanda proposta in sede monitoria e nella conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, e liquidazione delle spese.
Si è inoltre previsto, che in tali ipotesi il giudice possa procedere al rilievo di improcedibilità, entro la prima udienza, solo dopo avere provveduto, se tale richiesta è stata formulata entro la prima udienza, sulle istanze di adozione dei provvedimenti provvisori di cui agli articoli 648 e 649 del Codice di procedura civile sulla provvisoria esecutorietà del decreto opposto.
Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio (art. 5 ter d. lgs. 28/2010)
Al fine di rendere più efficiente la partecipazione al procedimento di mediazione, la riforma Cartabia ha introdotto alcune modifiche alla disciplina applicabile all’amministratore di condominio.
L’articolo 5-ter è stato introdotto al fine di consentire all’amministratore di attivare un procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi, sottoponendo successivamente all’approvazione dell’assemblea condominiale il verbale contenente il testo dell’accordo di conciliazione individuato dalle parti, o la proposta conciliativa del mediatore. L’assemblea dovrà quindi manifestare la propria volontà di aderirvi, con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile, entro il termine fissato nella proposta di accordo, decorso inutilmente il quale la conciliazione s’intende come non conclusa.
Mediazione demandata dal giudice (art. 5 quater d. lgs. 28/2010)
Il legislatore ha ritenuto opportuno collocare in apposito articolo la disciplina della mediazione demandata dal giudice, precedentemente disciplinata dal comma 2 dell’articolo 5 che, a seguito degli interventi di razionalizzazione previsti, si prevede sia dedicato alla disciplina dei casi di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie elencate nel relativo comma 1 e ai rapporti con il processo.
Il comma 1 chiarisce adesso che il giudice, quando demanda le parti in mediazione, deve provvedere con ordinanza motivata, nella quale potrà dare atto delle circostanze considerate per l’adozione del provvedimento e fissare la successiva udienza. Oltre al riferimento alla natura della causa, allo stato dell’istruzione e al comportamento delle parti, il legislatore ha ritenuto di inserire una clausola di chiusura (“ogni altra circostanza”) idonea a consentire al giudice di dare adeguata e piena motivazione della decisione di demandare le parti in mediazione. Si è altresì previsto che il giudice possa demandare le parti in mediazione fino alla precisazione delle conclusioni.
Il comma 2 precisa che la mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con applicazione, anche in questo caso, della disciplina dettata all’articolo 5 comma 4 che prevede che la condizione di procedibilità si considera avverata quando le parti non raggiungono l’accordo al primo incontro, al comma 5 che fa salva la concessione delle misure cautelari ed urgenti, nonché la trascrizione della domanda giudiziale, in pendenza della condizione di procedibilità e al comma 6 che disciplina il diverso operare della condizione di procedibilità consistente nell’esperimento del tentativo di mediazione nei particolari procedimenti ivi elencati.
Il comma 3 prevede espressamente che il mancato esperimento della procedura di mediazione, accertato dal giudice all’udienza fissata nell’ordinanza di mediazione demandata, comporta la dichiarazione di improcedibilità della domanda giudiziale.
Mediazione su clausola contrattuale o statutaria (art. 5 sexies d. lgs. 28/2010)
Nel contesto generale del riordino della procedura di mediazione si è deciso di disciplinare mediante l’articolo 5-sexies del d.lgs. n. 28 del 2010 la disciplina della mediazione obbligatoria alla quale le parti si vincolano con apposita espressione di volontà, inserendola in apposita clausola contrattuale o statutaria.
L’articolo in parola è stato introdotto per dare adeguata e più razionale collocazione al soppresso comma 5 dell’articolo 5, e disciplina l’ipotesi in cui le parti, con apposita clausola contrattuale o statutaria, si impegnino a esperire, prima di adire il giudice, la procedura di mediazione. Il nuovo articolo riprende quanto previsto dal comma soppresso ma precisa che, in caso di inerzia delle parti nel soddisfare la condizione di procedibilità, il giudice debba dichiarare l’improcedibilità della domanda.
Durata del procedimento di mediazione (art. 6 d.lgs. 28/2010)
L’articolo 6 comma 1 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato per rafforzare l’efficacia della procedura conformemente a quanto richiesto dal comma 4, lettera E), dell’unico articolo della legge delega al fine di prevedere che il termine massimo di durata della procedura di mediazione può essere prorogato di ulteriori tre mesi, su accordo delle parti, a condizione che la richiesta di proroga intervenga prima della scadenza di tale termine.
Le modifiche apportate al comma 2 sono di mero coordinamento con le modifiche apportate all’articolo 5.
Il comma 3 precisa invece il dovere delle parti di comunicare al giudice la proroga del termine per concludere il procedimento di mediazione, in modo tale da consentire al giudice di adottare i provvedimenti conseguenti rispetto al giudizio avanti a sé pendente.
Procedimento di mediazione (art. 8 quater d. lgs. 28/2010)
L’art.8 quater prevede al comma 1 gli adempimenti cui è tenuto il responsabile dell’organismo di mediazione, non appena riceve la domanda di mediazione.
La prima novità riguarda il termine del primo incontro tra le parti, da tenersi tra i venti e i quaranta giorni dal deposito della domanda, al fine di evitare che la tempistica eccessivamente ridotta ostacoli una adeguata preparazione del primo incontro e, da parte dell’organismo, l’individuazione del mediatore ritenuto idoneo ad occuparsi della controversia. Inoltre sono stati meglio precisati gli oneri di comunicazione a carico dell’organismo successivi alla ricezione della domanda di mediazione, in modo che alle parti arrivino immediatamente tutte le informazioni utili per il più efficace avvio della procedura. È stata conservata la previsione che, nelle controversie tecnicamente complesse, l’organismo possa nominare uno o più mediatori ausiliari.
Il comma 2 è stato introdotto allo scopo di dare adeguata collocazione alla previgente disposizione di cui al soppresso comma 6 dell’articolo 5, secondo la quale la comunicazione della domanda di mediazione alla controparte produce sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale e impedisce, per una volta, la decadenza. Al fine di evitare che eventuali lungaggini procedurali dell’organismo di mediazione possano danneggiare gli interessi delle parti che ricorrono alla mediazione che quindi, già solo per questo, possono essere indotte a non avvalersi di tale procedura, si prevede che la parte che presenta la domanda possa provvedere autonomamente alla comunicazione alla controparte al fine di avvalersi dell’effetto interruttivo della prescrizione o dell’impedimento della decadenza, senza esonero degli obblighi di comunicazione che continuano a gravare sull’organismo di mediazione.
Il comma 3 ribadisce quanto precedentemente previsto al comma 2 dell’articolo 8, precisando che il procedimento di mediazione si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.
Il successivo comma stabilisce che le parti, in linea di principio, sono tenute a partecipare personalmente alla procedura di mediazione ma, in presenza di giustificati motivi, possono delegare un proprio rappresentante, a condizione che sia informato sui fatti e che sia munito dei poteri per conciliare la lite. Tale possibilità rappresenta un ulteriore strumento partecipativo utilizzabile da chi, per svariate ragioni, non può partecipare di persona agli incontri fissati dal mediatore rischiando di far fallire la mediazione ovvero di prolungarne eccessivamente la durata. L’espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un delegato ha reso necessario stabilire in modo chiaro che il mediatore deve verificare la sussistenza dei poteri rappresentativi delle persone comparse davanti a lui e darne atto a verbale.
Al fine di riordinare e razionalizzare le disposizioni in tema di procedimento di mediazione, il comma 5 enuncia il principio secondo cui, nei casi di mediazione obbligatoria per legge (ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1) e quando la mediazione è demandata dal giudice, ciascuna parte deve essere assistita dal proprio avvocato.
In attuazione della lettera E), il comma 6 richiama la previsione di cui al previgente comma 3, secondo la quale il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia, ed è stato integrato al fine di precisare le attività e gli oneri che gravano sulle parti della procedura di mediazione e sullo stesso mediatore il quale, in linea generale, è tenuto preliminarmente a informare le parti, nel primo incontro, sulle modalità di svolgimento della mediazione ed è tenuto ad adoperarsi affinché sia raggiunto un accordo di conciliazione. Il suddetto comma richiama espressamente i doveri di leale cooperazione nel rispetto del canone della buona fede, che gravano sulle parti e sui loro avvocati al fine di realizzare l’effettivo confronto sulle questioni controverse. Si è inoltre stabilito che del primo incontro è redatto verbale a causa del mediatore, sottoscritto da tutti i partecipanti.
In questo modo il primo incontro non è più finalizzato ad una mera informativa alle parti sulla procedura, la cui funzione è stata invece potenziata e sono previsti specifici oneri a carico del mediatore anche finalizzati a far constare l’eventuale soddisfacimento della condizione di procedibilità, e del relativo verbale.
Il comma 7 contiene la previsione già precedentemente collocata nel comma 4 dell’articolo 8 secondo la quale il mediatore può avvalersi di esperti, ossia di consulenti tecnici specializzati. Inoltre, in attuazione del principio di cui alla lettera I), è stata aggiunta la previsione che le parti, al momento della eventuale nomina dell’esperto, possano accordarsi per stabilire che la relazione da questi redatta possa essere prodotta nell’eventuale processo davanti al giudice. L’accordo di produrre la relazione nell’eventuale giudizio deroga ai limiti di utilizzabilità del documento formato nella procedura di mediazione, derivanti dal dovere di riservatezza sancito dall’articolo 9. In caso di produzione, si è previsto che tale documento venga valutato ai sensi dell’articolo 116, primo comma, del codice di procedura civile.
Mediazione in modalità telematica (art. 8 bis d. lgs. 28/2010)
Una delle principali novità introdotte dalla riforma Cartabia consiste nell’obbligo, per gli organismi di mediazione, di conservare a norma i documenti informatici.
L’inserimento dell’articolo 8-bis nel d.lgs. n. 28 del 2010 attua il principio di delega contenuto nella lettera P) per disciplinare la mediazione in modalità telematica.
Per gli atti del procedimento di mediazione svolto in modalità telematica, il comma 1 dell’art. 8 bis d.lgs. 28/2010 prevede che si debbano rispettare le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e che la loro trasmissione può avvenire avvalendosi di sistemi di posta elettronica certificata (Pec) o altri servizi elettronici di recapito certificato.
Il comma 2 individua gli standard tecnici che devono essere rispettati nel caso in cui gli incontri del procedimento di mediazione si svolgano con sistemi audiovisivi a distanza e si prevede che le parti possano optare per la partecipazione agli incontri in forma mista; il comma 3 regola invece la formazione e sottoscrizione, con modalità digitale, del documento contenente il verbale e l’eventuale accordo di conciliazione, da parte del mediatore, oltre che delle parti e, nei casi previsti dalla legge, dagli avvocati che li assistono.
In particolare, si dispone espressamente che, a conclusione della mediazione, il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità. Il documento sottoscritto ai sensi del comma 3, dopo essere stato firmato dal mediatore, sia poi ritrasmesso alle parti, agli avvocati (ove nominati) e alla segreteria dell’organismo.
L’organismo di mediazione dovrà poi procedere alla conservazione ed esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche, osservando le disposizioni di cui all’articolo 43 del codice dell’amministrazione digitale il quale così dispone:
“Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le relative procedure sono effettuate in modo tale da garantire la conformità ai documenti originali e sono conformi alle Linee guida”.
Viene quindi introdotto, per tutti gli organismi di mediazione, l’obbligo non di archiviare ma di conservare (e “esibire”) a norma ogni documento inerente al procedimento di mediazione.